Eugenia Martinet

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Eugenia Martinet (1893-1983)[modifiché]

"Nella non copiosa ma caratteristica e assai vigorosa letteratura valdostana, la figura di Eugenia Martinet si è precisata con un volumetto di versi intitolato La Dzonére entzarmaie (La Dora stregata). Queste 18 poesie furono per molti dialettisti una rivelazione, a cominciare da Filippo Fichera che, nella cordiale prefazione, la definì «prezioso frutto di poesia vera... che, pur con l’uso dell’infingimento e di una tecnica fine, crea un’atmosfera di rapimento, una nuova coscienza di realtà». Tecnica fine... La ragione era dovuta al fatto che la Martinet non si trovava ad un incontro occasionale con la sua poesia che già aveva manifestato precedentemente con un libro di versi italiani dal titolo Primo dono, lodato dalla critica, e, in particolare, da Giovanni Bertacchi. L’idioma valdostano, eletto successivamente ad interprete del suo mondo lirico, è stato per lei una necessità: la necessità di comunicare con maggior immediatezza con il suo fiume, le sue montagne, i suoi ghiacciai, le sue vallate. E da questo diretto colloquio della sua voce interiore con le voci del suo paesaggio è nata una singolarissima poesia: quella che ha ormai collocato questa poetessa in primissimo piano nel movimento letterario della sua regione. Donna di rara cultura e di raffinati gusti intellettuali, la Martinet non poteva esimersi dal vestire la sua ispirazione «indigena» con una forma impeccabilmente elegante: di un’eleganza vigilata e personale..." (Luigi Olivero da Ël tòr N° 13 dij 13 avril 1946).

Bibliografìa[modifiché]