Lenga piemonteisa/Linguistica piemontese/Linea di Wartburg

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La linea di Wartburg[modifiché]

Nella sua opera Die Ausgliederung der Romanische Sprachräume (La disarticolazione delle zone linguistiche romanze), 1950, l’eminente linguista tedesco Walter von Wartburg analizza diverse importanti discriminanti linguistiche, fra le quali:

la conservazione della -s finale

  • la caduta delle occlusive sorde intervocaliche c, p, t
  • il passaggio da u a ü dovuto al sostrato gallico
  • la palatizzazione di ca- e ga-

Nell’ambito delle lingue romanze questi fenomeni si presentano ad occidente ma non ad oriente e quindi permettono di tracciare in modo sufficientemente preciso una linea che costituisce il confine tra due grandi blocchi linguistici diversi fra loro: quello delle lingue neolatine occidentali e quello delle/orientali.

In particolare, il piemontese e le altre parlate padane risultano comprese nel blocco occidentale e sono pertanto nettamente separate dall’italiano propriamente detto e dai suoi dialetti. La linea di Wartburg congiunge La Spezia in Liguria con Rimini in Romagna e si prolunga anche ad di là dell’Adriatico, dove gli elementi latini presenti nell'albanese e nel serbocroato corrispondono foneticamente alle parlate dell'Italia centrale e meridionale.

Tratto da un articolo di Helmut Lüdtke-Univerität Kiel[modifiché]

Il posto che occupa il piemontese nella compagine storico-linguistica romanza[1]

La classificazione delle lingue romanze è un esercizio prediletto per non pochi studiosi della lingua romanza. Per quanto riguarda le conclusioni a cui si vuole arrivare in seguito a tali ricerche, vale sempre l’antico detto “ quot capita tot mentes”.

La ragione di questo pluralismo di risultati sta nella molteplicità di metodi applicabili ad un tema tanto vasto quanto svariato qual è la classificazione delle entità che costituiscono una grande famiglia linguistica.

Senza voler scavare nei fondamenti della nostra disciplina direi che gli angoli di mira principali in merito di classificazione siano quattro, e cioè: impressionistico - statistico - ortografico – diacronico (storico). Ne tratterò brevemente i primi tre per dilungarmi poi sul quarto, che mi sta più a cuore.

Il punto di vista impressionistico può essere quello di un ascoltatore casuale che non conoscendo il piemontese ha occasione di sentirlo parlare e cerca di rendersi conto delle sua particolarità. Il tratto che più gli salterà all’orecchio sarà la presenza di vocali palatali ü e ö pronunciate con le labbra arrotondate. Sarà diverso il caso del parlante piemontese nativo, che confronta la sua lingua regionale con la nazionale.

Oppure, una terza possibilità: il caso di colui che, basandosi sulla conoscenza di altre lingue vicine, si sforza di capire il piemontese e magari anche di parlarlo. Questi, da scolaro, per così dire, avvertirà delle somiglianze, dapprima col lombardo, poi, con le altre parlate dell’Alta Italia, e così via dicendo.

I tifosi di statistica - e sono parecchi, oggigiorno, anche nel campo glottologico: più seri e quotati, gli uni, alquanto meno, gli altri – si trovano confrontati con due problemi di difficile soluzione: da un lato, si tratta di scegliere i criteri da adottarsi quale base della classificazione e di determinare il peso relativo da attribuire ad ognuno di questi criteri; dall’altro lato, si tratta di scegliere bene i punti di riferimento (ossia “parlate” o “sistemi linguistici”) per la comparazione.

La “rete” (oppure “fila”) da essi costituita può essere più o meno fitta; per dare un esempio possiamo confrontare:

francese  : piemontese  : italiano (toscano)

oppure:

francese : francoprovenzale  : piemontese  : lombardo  : italiano

Ma la rete può anche essere più o meno equilibrata, per esempio, un confronto su:

francese : francoprovenzale  : piemontese  : italiano (toscano)

oppure su:

francese : piemontese  : lombardo  : italiano (toscano)

sarebbe piuttosto squilibrato.

Va osservato che parecchi lavori intrapresi per classificare le lingue romanze peccano, dando per scontato quanti e quali sono le entità da prendere in considerazione, senza badare ad un possibile squilibrio.

Il punto di vista ortografico è tenuto a disprezzo di taluni linguisti magari un po’ troppo severi. Bisogna, invece, rivalutarlo, in quanto che l’ortografia, soprattutto, ma non solo, agli occhi del parlante nativo costituisce un fatto culturale di massima importanza. È premesso che il fulcro della linguistica empirica debba essere proprio l’attività dei parlanti, segue che i fatti grafici non vanno del tutto trascurati. Tanto è vero che l’ortografia piemontese che predomina nell’uso, diversamente dai sistemi vigenti in altre regioni d’Italia, non va sulla falsariga né dell’italiano né del francese.

Vediamone l’apposito schema della resa grafica delle vocali velari:


Lingua/fonemi ö ü u o

francese EU U OU O

piemontese EU U O ò

italiano - - U O


Analizzando il sistema piemontese, dal punto di vista storico, possiamo distinguere tre elementi non connessi tra di loro, cioè: EU I U O I ‘ l.

La grafia EU è stata inventata in Piccardia, nell’estremo nord della Francia, all’inizio del Duecento, quindi è un francesismo. L’accento grave con l’acuto e il circonflesso, fu introdotto nell’Europa Occidentale in seguito all’introduzione dello studio della lingua greca, dunque nel Cinquecento.

Le grafie U / O che rendono, rispettivamente, i fonemi / ü / e / u / furono un giorno (o, per essere più esatti: nel Duecento) comuni a una vasta area galloromanza, cioè occitana e francese. Recentemente l’aranese parlato nella Valle d’Aran, angolo nord/occidentale della Catalogna, è stato dotato di un vocalismo grafico uguale a quello piemontese (U O ò A E I); vi manca la / ë / dato che non ce n’è bisogno.

L’origine storica della differenza di valori fonici attribuiti alle lettere U e O sta nella pronuncia medievale del latino; in Francia e nel nordovest dell’Italia MUROS si diceva / mürus / e DOLOROSA / duluruza / poiché la lingua scritta, cioè, latina, nonostante il suo conservatorismo morfologico sintattico lessicale, nella pronuncia seguiva il vernacolo.

Note[modifiché]

  1. Articolo tratto dal volume: del XII e XIII Rëscontr Antërnassional dë studi an sla lenga e la literatura piemontèisa- Quinsné 6-7 magg 1995 / Turin 12 magg 1996 - La Slòira- Ivrea.