Lenga piemontèisa/Linguistica piemontese/Chiarimenti sulla grammatica del Musso

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Chiarimenti sulla “Grammatica astigiana” di Giancarlo Musso[modifiché]

Musso ci fa osservare che il piemontese comune, o koiné e il monferrino, hanno unificato la pronuncia e la grafia delle r doppie e quelle semplici, delle l doppie e quelle semplici; operazione che nell’astigiano non si è verificata. Noi astigiani, in effetti, manteniamo due specifiche pronuncie per la r doppia e la r semplice, per la l doppia e quella semplice. Cerchiamo di mettere delle regole per la pronuncia e la scrittura di queste due lettere.

Quindi stabiliamo subito che bisogna usare due grafie differenti per le due pronuncie:

r per il suono italiano della consonante:

l per il suono italiano della consonante:

e la pronuncia è uguale per il suono astigiano di queste due lettere che sembra a la r inglese.

Il segno grafico della ȓ (di C. Brero) è stato cambiato da Musso (con una linea sotto la lettera) per unificarla alla l. Vedere sotto i segni e i codici.

(codice U. 1E5F)

(codice U. 1E3B)

A seconda della posizione che hanno nella parola, il suono di queste due lettere cambia conforme queste regole:

- a inizio di parola hanno sempre un suono italiano, ad esclusione del caso di quando ci sono gli articoli-pronomi ḻa, ḻë, ḻo; quindi a lun-a, ë liam, pij-o, o pij, ròja, rat;

- in posizione intervocalica o in fine di parola hanno un suono italiano quando corrispondono a rr -

- ll latine e italiane bala (palla), bara (barra), car (carro); hanno un suono “molle” quando corrispondono a una r/l semplice latina o italiana.Es.:saa(sala),sòa(suola), moa(mora),ma(mare).

Dopo una consonante la r ha un suono “inglese”: ben, còcc, duveri, fadel.

…………………………………………………………………………………………La r ha un suono “duro” italiano (rèid) davanti alle consonanti: c dolce, d e g dolce, l, n, r, s, z, che chiameremo “forti” (tòrcia, verd,rgia, erlo, torna, ors, òrt, arzo);

- la l latina davanti a queste consonanti, cambia nella u dittongale piemontese (con il suono italiano): càud, giàun, fàuss, àut. Nell’astigiano, questo dittongo àu è diventato ò come il francese.

Oggi si pronuncia à (a chiusa con il suono vicino all’ò): càd, giànn, àt.

Restando nell’argomento della “pronuncia”(che come già detto, fa parte della fonetica articolatoria) mi sembra giusto riproporre alcuni scritti importanti di Carlo Denina, appassionato e ben documentato glottologo piemontesista ottocentesco.

Nel 1803 il Denina ripubblica un libro; Dall’impiego delle persone. La nuova edizione aveva un’appendice in aggiunta: Dell’uso della lingua francese, in cui l’autore si dichiarava contro la lingua italiana, illustrando compiutamente i motivi della sua scelta. Inoltre scriveva una lettera al Prefetto del Dipartimento del Po dando preziosi consigli sulla francesizzazione nella scuola e nell’educazione religiosa, con l’intento che il dialetto diventasse una sorta di ponte per insegnare il francese anche al ceto popolare.

Quest’azione diretta a un funzionario pubblico, gli costerà la perenne inimicizia degli italianisti piemontesi più accaniti, ossia il conte Galeani Napione, Prospero Balbo, il conte Carlo Vidua e pochi altri componenti di un’élite culturale che manterrà intatti i suoi poteri anche dopo la Restaurazione.

L’aggiunta della lettera Dell’uso della lingua francese, inesistente nella vecchia edizione, merita un approfondimento.

Questa sorta di discorso scritto, si discosta nettamente dai vari trattatelli tesi a perorare l’uso della lingua italiana; scritti ridondanti e superficiali per la scarsa conoscenza della materia linguistica, mirati più che altro a compiacere la monarchia sabauda piuttosto che dare valida ragione sulla scelta della lingua italiana. Al contrario, il Denina dava un saggio della sua raggiunta maturità di glottologo illustrando, con riscontri minuziosi, le ragioni e i vantaggi della scelta francese.

Scrive il Denina[1]:…cotesto cangiamento di lingua sarà molto più vantaggioso che nocevole. Passato che sia quel turbamento, quel disturbo che arrecar deve nel primo arrivo, io tengo per cosa certissima che i nostri nipoti scriveranno in francese più facilmente assai che i nostri antenati e contemporanei abbiano potuto fare scrivendo in italiano. Il nostro linguaggio piemontese è uno de’ dialetti d’Italia, non già un italiano o sia toscano corrotto, ma bensì un latino corrotto, misto di voci celtiche, gottiche o tedesche, come tutte le più colte, più pulite lingue d’Europa; si è formato ne’ medesimi secoli in cui si formarono la lingua italiana comune, la francese, la spagnola e la portoghese. Diverse cagioni concorsero a formare il dialetto piemontese più somigliante all’idioma francese che il toscano. Nota è l’identità dell’antica origine, o almeno l’affinità delle due Gallie, Cisalpina e Transalpina, o per dir meglio de’ i Subalpini orientali e occidentali; perciocché Subalpini sono egualmente gli abitanti delle rive della Duranza e del Rodano, che quelli delle rive della Stura e del Po; essendo gli uni e gli altri posti a piè dell’Alpi sub Alpibus. Perciò sì gli uni che gli altri dovettero conservare molte voci della lingua celtica certamente comune ai Subalpini orientali che sono in Piemonte, e ai Delfinesi e Provenzali che sono sulla faccia occidentale dell’Alpi Cozie e Marittime…

Il linguaggio dei nostri Subalpini non solamente si ravvicinò al francese più che all’italiano o toscano; ma si può anche dire che fosse un linguaggio intermedio fra le due gran lingue…

La pronuncia o vogliam dire l’accento nostro è assai più simile al francese che al toscano o al romano; e se in alcuni casi i nostri vocaboli ritennero le vocali e le consonanti toscane, in molte altre hanno preso il suono e la forma francese. Probabilmente prima che nella Gallia Transalpina si dicesse père, mère, frère, soeur, chaud, faux, saut, invece di padre, madre, frate, fratello e sorella, caldo, falso, salto e simili, i Cisalpini e più particolarmente i Subalpini, cioè i Piemontesi, dicevano pare, mare, ovvero paire, maire, fraire, soeur, caud, fauss, saut, senza serrare il dittongo per dare allai il suono di è, e al au il suono dello aperto.

Una sua considerazione acquisita attraverso lo studio e l’esperienza lo induce a costatare che: “Le lingue seguono sempre la sorte delle nazioni che le parlano”.

Note[modifiché]

  1. Brani dell’appendice “Dell’uso della lingua francese”, tratti dal volume “Storia delle lingue e polemiche linguistiche” di Carlo Denina (Dai saggi berlinesi 1783-1804) Edizioni dell’Orso - A cura di Claudio Marazzini.