Giovanni Cerutti/Canson/Crudel destin
CRUDEL DESTIN
[modifiché]parole e musica di Angelo Brofferio; nelle carceri correzionali di Torino, 10 aprile 1831.
Angelo Brofferio è stato uno dei personaggi piemontesi più importanti del suo tempo; nato il 6 dicembre 1802 a Castelnuovo Calcea (Asti), morì nella sua villa a Minusio (Svizzera) il 25 maggio 1866. Avvocato, più volte deputato alla Camera, politicamente era d’idee repubblicane e anticlericali; fu un fiero avversario di Cavour, ritenuto troppo prudente nella politica per l’unità d’Italia. Oggi ricordiamo Brofferio anche come brillante giornalista, autore di saggi di storia e – in questa sede – autore di oltre ottanta canzoni piemontesi (parole e musica) di argomento autobiografico, politico, ironico e amoroso. Nel 1831 fu incarcerato per alcuni mesi (da aprile ad agosto) per una congiura contro re Carlo Felice di Savoia, ordita dall’associazione segreta “Cavalieri della Libertà”, alla quale Brofferio era affiliato. In carcere compose un primo gruppo di canzoni piemontesi, e nel libro autobiografico “I miei tempi” scrisse: “Il maggior conforto che dalle mie canzoni mi venne fu in carcere nel 1831, dove si lasciò pietosamente entrare la mia chitarra. Senza di essa non so come avrei potuto reggere alla tetra solitudine, contristato dalle amarezze di ogni genere. Le canzoni piemontesi che ebbero maggior voga io le composi là dentro. Quella che fu accolta più lietamente dal popolo e fece il giro di tutto il Piemonte, “Përché crudel destin nen feme n ravanin?”, io la scrivevo nel terzo giorno dela mia carcerazione. Cominciavo a comporre la poesia che, in mancanza di carta e inchiostro, ero obbligato a stamparmi bene nella memoria; poi pensavo alla musica che, parte inventata e parte rubata (copiata da altre canzoni), finiva per adattarsi benissimo; in ultimo colla chitarra in mano cercavo un apposito accompagnamento e, per un giorno o due cantavo e suonavo”. In questa canzone autobiografica, Brofferio ricorda la nascita, i primi tentativi letterari e l’attività di avvocato (che non amava!), soprattutto a favore dei poveri. (Il testo completo della canzone è fatto di dieci strofe).
Destin becofotù, t’has pròpi famla grisa
a s-ciòdme patanù , sot n’erbo al mèis dla bisa;
da già ch’a t’é vnù 'l tich 'd semneme dzor un brich,
(Rit.) përchè crudel dëstin nen feme un ravanin?
Lassandme sbaluché dal lanternon dla glòria,
dì e neuit j’eu sël papé frustame la sicòria;
e j’eu peui vist un lum, sens’euli e spòrch ëd fum; (Rit.)
Sentendme peui già stanch 'd martleme in vers la gnuca,
i son batume ij fianch an pròsa për la pruca;
son piame la legal, parei d’un servissial; (Rit.)
Al pòver j’eu fait dé sò camp e soa filera,
j’eu fait surtì pì 'd tre ch’a j’ero 'n caponera;
ma j’èit fasend surtì, i son entraje mi; (Rit.)
Pitòst che deurvme j’eui, la man dla Providensa
podia ben strassé 'n feui dal liber dl’esistensa.
Ël mond stasijlo nen con un fabiòch ëd men? (Rit.)