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Giovanni Cerutti/Canson/Al folat malinconìa

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Artorn


AL FOLAT MALINCONÌA (La canson dl’amolàire)

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1748, parole e musica di Padre Ignazio Isler.

Padre Ignazio Isler nacque a Torino nel 1702 e nella stessa città morì il 7 agosto 1788. Appartenne all’Ordine religioso dei Trinitari Calzati e visse nel convento della Crocetta, a Torino; divenne anche Padre provinciale dei conventi d’Italia del suo Ordine. Suonava con maestria il cembalo e l’organo e compose egli stesso le arie delle sue canzoni. Delle sue oltre cinquanta canzoni piemontesi, alcune furono pubblicate per la prima volta a Torino dal medico cuneese Maurizio Pipino nel 1783. Edizioni moderne delle canzoni di Isler furono pubblicate da Alfredo Nicola nel 1960 (testo e musica) e da Andrea Viglongo nel 1968 (testo e commento critico). Nel 1993 Dario Pasero ha pubblicato uno studio su “Problemi per un’edizione critica di un poeta piemontese del Settecento (Ignazio Isler)”. Gianrenzo Clivio, nel volume “Profilo di storia della letteratura in piemontese” (2002), ha dedicato a Padre Isler un ampio saggio, dicendo che: “La lingua di cui Isler si serve è quella del popolo, e nelle sue canzoni affiorano gli elementi più rudi e genuini del piemontese plebeo in nessun modo intaccato dall’italiano o dal francese, che quello stesso popolo ignorava in pratica totalmente”.

Quella che segue è la canzone di un arrotino ambulante, felice del suo lavoro ben fatto.


Al folat malinconìa e chi stà a covela an sen (bis);
chi veul 'd crussi, ch’as je pija, che mi na veuj savèie 'd nèn (bis).
“Cheur giojos ël cel l’agiuta”: a l’é un proverbi bin antich (bis);
sta rason chi la disputa, a l’é 'na testa d’arabich (bis).
Sté vivend a la ventura a l’é lë stat ël pì giocond (bis);
chi dël mond pì pòch as cura, a l’é padron ëd tut ël mond (bis).
Vardé un pòch s’i digh busìa, sta molura a val un Stat (bis);
feme almanch për cortesìa dé 'na copa 'd vin sël pat (bis).